Cessazione, risoluzione del rapporto, quiescenza. Esodo volontario ai sensi e agli effetti dell'art.12, comma 4, lett.b) legge n.153/69 così come modificata dall'art.6 D.lgs n. 314/97. Traduco dal buro-legalese: pensione anticipata. Mi dispiace, devo andare. E questo che state leggendo è l’articolo più difficile che abbia mai scritto sul Domenicale, perché sarà l’ultimo: dopo dieci anni e quasi cinquecento contrappunti, è venuta l’ora del commiato.
Provvisorio, mi auguro, perché dai propri lettori non ci si separa. A meno che non siano loro a chiedere la risoluzione del rapporto, o a scioperare come qualcuno li istiga contro la stampa insubordinata. Tanto meno si può divorziare dalla propria identità professionale, nel mio caso da quel patrimonio di letture e di racconti, di analisi e di eresie, all’occasione anche di sberleffi e di giusta irriverenza che ha segnato la storia di questo supplemento. Se la vita culturale, per dirla con Vitaliano Brancati, è fatta di stonature, il nostro Domenicale si è sempre distinto come il più stonato dei cori. Una palestra di libertà condivisa da personalità distanti e per tanti aspetti inconciliabili come Gianfranco Ravasi e Tullio Gregory, il mistico Elémire Zolla e l’illuminista Paolo Rossi, per citarne solo alcuni.
Un’isola felice, al riparo dal frastuono e dal chiacchiericcio mediatico, dove hanno trovato rifugio scrittori raffinati ed esigenti come Giuseppe Pontiggia e Luigi Meneghello.
Il mio debito verso questa vasta e variopinta famiglia intellettuale è impossibile da quantificare. Ma più di tutti siete stati voi, lettrici e lettori, le vostre lettere, le mail, i commenti sul blog, a dare nutrimento al mio lavoro, suggerendo spunti e correzioni di rotta, e anche tirandomi le orecchie quando era necessario. Adesso non perdiamoci di vista. Il nostro dialogo non deve conoscere cessazioni o quiescenze. Come non può cessare in me la passione del giornalismo e della scrittura. Mi rimbocco le maniche e vado in pensione. Continuerò a stonare, come ho sempre fatto. E nel ricordo di Pontiggia, insuperabile inventore di ossimori, ve ne propongo uno che è anche un impegno: quiescenza operosa. E senza acquiescenze.